I metodi utilizzati dalle neuroscienze per studiare il tecnostress

In un’intervista a Maria Donata Orfei, psicologa e ricercatrice della Scuola IMT Alti Studi Lucca, si parla di tecnostress e di metodi utilizzati dalle neuroscienze per studiare questo fenomeno.

Come riferito nell’articolo, l’approccio utilizzato dal suo team di ricerca è quello multidimensionale, che integra i classici questionari psicologici con cui viene valutato lo stress con la misurazione dello stress psicofisico attraverso strumenti e dispositivi. Viene citato per esempio l’elettroencefalogramma, l’eye tracker, che serve a osservare il movimento oculare e a misurare la dilatazione del diametro pupillare, indice di carico cognitivo di interesse e di attenzione, oppure gli stress bracelet, simili a degli orologi da fitness, che forniscono informazioni sull’attivazione del nostro organismo in risposta a uno stress. Unendo le informazioni soggettive che emergono dai test con le misurazioni oggettive degli strumenti, si riesce a ottenere una visione completa di quello che sta accadendo all’individuo.

Sempre nell’articolo si parla anche dei possibili metodi di prevenzione. Esistono infatti degli accorgimenti che, compatibilmente con l’efficienza lavorativa, permettono di rendere più fluida, piacevole e soprattutto sana l’interazione con la tecnologia. Dal 2020 a oggi, per le aziende, sono stati individuati suggerimenti, vere e proprie policy o regole comportamentali, come il diritto alla disconnessione, l’indicazione di fissare le riunioni con sufficiente anticipo, stabilire delle fasce orarie di utilizzo, usare le e-mail quando non vi sia urgenza.

Per saperne di più: https://www.openimt.it/tecnostress-quando-luso-della-tecnologia-sul-lavoro-diventa-un-problema/