
Immagina di dover passare la tua intera giornata lavorativa a contare all’indietro a intervalli di 17, sotto lo sguardo di un supervisore. Un esperimento scientifico ha dimostrato che un compito del genere provoca una reazione fisica immediata e misurabile: un calo della temperatura del naso, segno inequivocabile di stress acuto. Ora, trasferisci questa idea al lavoro d’ufficio moderno. Il tecnostress non è altro che questo: un incessante e sfiancante esercizio di calcolo mentale che dura otto ore al giorno.
Il nostro “conteggio all’indietro” quotidiano è composto da operazioni complesse. Ogni email in arrivo richiede un calcolo istantaneo: qual è la priorità? Chi devo includere nella risposta? Qual è il tono giusto da usare? Ogni notifica dalla chat di gruppo è un’interruzione che ci costringe a fermare un calcolo per iniziarne un altro, perdendo il filo del discorso e sprecando energia mentale per ricalibrare la nostra attenzione. Il passaggio continuo tra software diversi — dal client di posta al foglio di calcolo, dalla videochiamata al gestionale — è un’altra variabile che aggiunge complessità all’equazione della nostra produttività.
La scienza ci mostra che un breve test di pochi minuti è sufficiente per alterare la nostra fisiologia. Il tecnostress fa lo stesso, ma in modo cronico e silenzioso. Non sperimentiamo il calo della temperatura nasale in modo visibile, ma sentiamo una condizione di allerta prolungata. Il nostro sistema nervoso rimane costantemente attivato, come se l’esame non finisse mai. Questo stato di tensione permanente non è sostenibile e il risultato finale è prevedibile: sovraccarico cognitivo, ansia e alla fine, se non prendiamo contromisure, incorriamo nel rischio concreto di burnout.
Concettualizzare il tecnostress come l’equivalente lavorativo di un test di matematica senza fine è un passo per trovare una soluzione. Se il problema è un calcolo troppo complesso, la soluzione è semplificare l’equazione. Misure come il “diritto alla disconnessione”, la disattivazione delle notifiche non essenziali e la definizione di blocchi di tempo per la concentrazione non sono semplici consigli di benessere, ma strategie necessarie per ridurre il numero di operazioni mentali che il nostro cervello è costretto a eseguire ogni giorno. Si tratta di smettere di trattare i nostri cervelli come computer e di rispettare i loro limiti biologici, scientificamente provati.