Oggi la tecnologia è ovunque: ci aiuta a lavorare, a comunicare, a organizzarci meglio. Ma può anche diventare una fonte di stress. Uno studio condotto da due ricercatrici, Sheikh e Zahur (“Does Technostress cause Procrastination – The Dark Side of Technology“, 2024), ha messo in luce un effetto collaterale poco considerato dell’uso eccessivo della tecnologia sul lavoro: la procrastinazione, cioè la tendenza a rimandare i compiti.
Il technostress, in questo caso, si può presentare in tante forme. C’è chi si sente sempre sovraccarico di e-mail e notifiche, chi non riesce mai a staccare davvero perché è sempre reperibile, chi trova programmi e/o applicazioni digitali troppo complicati o ha paura per la propria privacy. Tutti questi fattori, secondo lo studio, aumentano la probabilità che le persone inizino a rimandare i compiti invece di affrontarli.
Il motivo? Quando siamo troppo stressati, il cervello cerca di proteggersi e risparmiare energie. Così, anche se sappiamo che dobbiamo fare qualcosa, tendiamo a “congelare” l’azione per conservare le risorse residue, finendo per distrarci o perdere tempo in attività meno impegnative. Ecco allora che il rimandare diventa una forma, seppur inefficace, di autodifesa.
I risultati della ricerca, mostrano chiaramente il legame tra stress digitale e procrastinazione. In particolare, chi si sente “invaso” dalla tecnologia – ad esempio perché riceve messaggi di lavoro anche la sera o nei weekend – è più portato a procrastinare.
Cosa possiamo fare? Lo studio propone alcune soluzioni utili anche nella vita di tutti i giorni: fare pause regolari dalla tecnologia, usare strumenti semplici e intuitivi, avere regole chiare per evitare di essere sempre connessi. E soprattutto, imparare a riconoscere i segnali di stress digitale prima che diventino un problema.
In fondo, la tecnologia dovrebbe aiutarci a vivere meglio, non a renderci più ansiosi. E se ogni tanto sentiamo il bisogno di spegnere tutto e prenderci una pausa… forse è proprio quello che ci serve per essere più produttivi.