Bellissimo articolo pubblicato ieri su Linkinchiesta, realizzato da Manuel Peruzzo: “Confessione di un like-dipendente” che indaga il suo bisogno di LIKE (mi piace, in italiano), ovvero l’ansia, le emozioni e le aspettative generate dal collocamento di ‘Like’ su Facebook e dalle conseguenti notifiche.
Come tutti sappiamo, e come ci spiega Facebook nella sua guida, “Cliccare su Mi piace sotto un elemento pubblicato da te o da un amico su Facebook è un modo semplice per far sapere a qualcuno che quell’elemento ti piace senza scrivere un commento. Tuttavia, proprio come quando scrivi un commento, il fatto che ti piace sarà riportato sotto l’elemento in questione”.
Detta così sembra una funzione ‘innocua’, un semplice e immediato modo di segnalare un interesse.
Eppure – come ben sanno tutti coloro che praticano Facebook – il ‘Like’ genera sia ansia da prestazione sia incomprensione comunicativa, eppure ci gratifica. Ci gratifica sia quando riceviamo notifiche relative ai Like ricevuti per la nostra pubblicazione di un contenuto, sia quando collochiamo ‘like’ in contenuti di altri.
La considerazione di partenza dell’articolo- confessione è che “c’è un sottile e inebriante piacere nella consapevolezza di essere continuamente letto, commentato e considerato da una community” e che quindi “… l’attesa del like è un fenomeno che esiste e che ha bisogno di essere descritto. Lo chiameremo ansia da notifica”.
Da qui l’articolo – che vi invito a leggerlo integralmente in questa pagina – propone una serie di osservazioni che costituiscono già degli ottimi spunti di riflessione e che riporto di seguito:
Sulla notifica: “La notifica è il segnale che qualcuno da qualche parte ci sta considerando. Che il nostro pubblico c’è, è lo sguardo e la comunicazione fatica che tiene vivo il flusso di conversazione” … “Il momento in cui riceviamo una notifica che ci lusinga coincide con il grado massimo di sospensione dell’incredulità”.
Sul modo di scrivere i contenuti: “Tendiamo a scrivere post e aggiornamenti per un “pubblico ideale” (ideal audience).
Sulla percezione di dipendenza dalla tecnologie/piattaforma: “Creare la figura del dipendente ha la funzione rassicurante di considerare tollerante il nostro livello di consumo, che si suppone sempre essere l’uso corretto”.
Sui troppi possibili significati di ‘mi piace’: “Il simbolo dell’approvazione è però sfuggito di mano, ed è diventato polisemico, oggi significa troppe cose … La polisemia è un problema. Pensate a quanti like riceviamo e al significato che diamo a seconda di chi è che ci sta scrivendo”.
La terribile considerazione finale: “Non è la cosa peggiore che possa succedere a un utente quella di ricevere una notifica negativa. La cosa peggiore è essere ignorato”.
A questa pagina trovi l’articolo originale.