Internet fa male come la droga,
ma vi cureremo, dice il ministro della Salute

Visto che in questi giorni il Parlamento non ha niente da fare, che c’è di meglio di dedicare del tempo d’aula a sentire l’arguta interrogazione che il parlamentare Jannone (già noto per aver avuto l’account di facebook cancellato nell’ottobre scorso. guardatevi la questione su google …) pone al Ministro della Salute riguardo al problema della dipendenza dai social network, e delle sue nefaste conseguenze fisiche e morali sui nostri giovani.

E che bello leggere le parole del ministro della Salute Ferruccio Fazio, che sa che i giovani che stanno 10 ore al giorno al computer soffrono di ”sentimenti compulsivi, isolamento sociale, dipendenza psicopatologica, perdita di contatti reali, sentimenti di onnipotenza”. Giovani per i quali il Ministero prevede interventi specifici di supporto al problema per un vita libera da dieci ore di PC. Che bello, vale lo stesso per i lavoratori?

Dice Jannone:

[…] premesso che all’interno della nostra società stanno emergendo, sempre di più, comportamenti compulsivi nei confronti dei social network. Varie sono le testimonianze di persone, sia adulte che adolescenti, ed è proprio questo il dato più preoccupante, che preferiscono restare in casa, davanti al pc collegato a qualche social network piuttosto che uscire e intessere rapporti o relazioni con altre persone. I loro interessi, impegni, eventi tutto passa dal web, diventando in questo modo digitale. L’inizio di questa malattia consiste nell’eliminare ogni occasione di incontro, uscire solo per andare a scuola o al lavoro. […]

Internet e Facebook sono un’ossessione per queste persone, che diventano frettolose persino nel mangiare, inventando scuse continue per tornare al pc. Se si allontanano da casa controllano continuamente l’ora. I genitori stessi non si rendono immediatamente conto di cosa sta accadendo ai loro figli. Per loro la cosa più difficile è stato ammettere i propri errori, l’incapacità di gestire i silenzi del figlio, i vuoti di comunicazione. Solo quando il figlio sviluppa un rapporto di assoluta dipendenza, resta connesso tutta la notte a «quel gioco che fa su fb» allora sorge il problema; di solito, i soggetti che manifestano questi comportamenti sono persone fragili, il cui umore dipende dal giudizio dei coetanei e dal mondo esterno in generale. La famiglia compare come presenza costante nella sua vita soltanto in questo momento: è la mamma a seguirlo di più, si preoccupa ed espone il problema del figlio. Lontano da internet, si precipita in uno stato depressivo. Di solito queste persone non hanno nessun altro tipo di dipendenza, né dall’alcol né da sostanze stupefacenti; hanno però sostituito ogni contatto sociale con amici virtuali. Sono «intimi» ma estranei. Non si sono mai visti, non si conoscono, letteralmente fuggono da sé stessi. I primi tempi, quando provano a passare meno tempo davanti al pc, sentono il bisogno di essere collegati, quando non sono on-line stanno male.

Quindi, dopo un po’ di discorso e di presunte evidenze, Jannone chiede cosa intenda fare il ministro per intervenire di fronte a questa droga del web e quali sono le azioni e le soluzioni che il Ministero intende mettere in atto. Eccetera.

Ed ecco la risposta del ministro Fazio (i grassetti sono i miei):

La dipendenza da internet, o internet addiction, che comprende un’ampia varietà di comportamenti, è considerata un disturbo da controllo degli impulsi, comparabile al gioco d’azzardo patologico, alla cui insorgenza contribuiscono vari elementi, quali psicopatologie di base preesistenti, condotte a rischio, eventi di vita sfavorevoli e problematiche esistenziali, difficoltà comunicative-relazionali, rischi correlati all’approccio ad internet.

Le ricerche effettuate hanno evidenziato che tutti i neofiti di internet per inserirsi in questa nuova realtà virtuale, seguono fasi comuni di sviluppo telematico, ognuna delle quali comporta rischi specifici, quali sentimenti compulsivi, isolamento sociale, dipendenza psicopatologica, perdita dei contatti reali, sentimenti di onnipotenza. Inoltre, il rapido sviluppo di questo processo sta causando fenomeni psicopatologici, che si esprimono con una sintomatologia simile a quella che si osserva in soggetti dipendenti da sostanze psicoattive.

Gli interventi più efficaci per la prevenzione e la cura della internet-dipendenza e delle sindromi compulsive, sono sostanzialmente gli stessi adottati per gli altri tipi di dipendenza. Si fa presente, altresì, che la competenza del coordinamento nazionale per le dipendenze è a capo del dipartimento delle politiche antidroga presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha emanato, per il triennio 2010-2013, un piano d’azione nazionale antidroga, approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 29 ottobre 2010, finalizzato ad individuare, per aree di intervento, le future linee di indirizzo generali per l’attuazione di iniziative coordinate nel territorio nazionale in materia di contrasto del consumo di sostanze stupefacenti o psicotrope, e a cui il Ministero della salute collabora per le sue specifiche competenze.

Per favorire il sostegno ed il recupero delle persone dedite alla dipendenza da web fino ad essere colpite da sindrome compulsiva, è possibile attualmente ricorrere, in tutto il territorio nazionale, a strutture socio-riabilitative che assicurano la disponibilità dei trattamenti relativi alla cura dei disturbi mentali ed incentivano programmi riabilitativi che costituiscono un piano d’azione efficace e completo contro le dipendenze. Peraltro, questo Ministero ritiene necessario affrontare lo specifico problema segnalato nell’interrogazione parlamentare in esame, ai diversi livelli istituzionali, sia definendo politiche e strategie adeguate sia attivando e monitorando azioni concrete e mirate, per ridurre il rischio di dipendenza da web soprattutto nella popolazione giovanile. In merito alla richiesta di iniziative da parte del Ministero della salute si segnala che, nell’ambito del sanitario nazionale 2011-2013, in corso di adozione, è previsto uno specifico piano di azioni, mirato alla individuazione degli interventi prioritari da porre in essere in varie aree di bisogno, tra cui i disturbi psichici correlati con le dipendenze patologiche ed i comportamenti da abuso.

Inoltre, questo Ministero garantisce una partecipazione costante ed articolata alle azioni promosse dai principali organismi internazionali (OMS, UE, OCSE) negli ambiti di tutela della salute mentale. In particolare, si segnala che il Ministero della salute sta lavorando, insieme al Ministero dell’Economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ed al dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla realizzazione del decreto di cui all’articolo 1, comma 70, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011)». Detta norma prevede infatti l’adozione di un decreto interdirigenziale, d’intesa con la Conferenza unificata, recante le linee d’azione per la prevenzione, il contrasto ed il recupero di fenomeni di ludopatia conseguenti al gioco compulsivo.

Sconvolgenti queste parole del ministro, che identifica perfettamente l’utilizzo intenso del web ad una droga che procura dipendenza e genera gravi fenomeni psicopatologici. Ma se questa è l’idea (balzana) del governo, tanto vale allargare il ragionamento fino ai confini del tecnostress professionale.

Se è vero (non è vero! ma per il ministro è vero) che il giovane dedito all’utilizzo intenso di internet e in particolare dei social network è un drogato che rischia di sviluppare sentimenti compulsivi, isolamento sociale, dipendenza psicopatologica, perdita dei contatti reali e sentimenti di onnipotenza, e per la tutela del quale bisogna intervenire con le strutture e gli strumenti utilizzati contro le dipendenze e specifico piano di azioni, allora che tipo di strutture e strumenti di supporto bisogna offrire a tutti coloro che vivono il tecnostress negli ambienti di lavoro?

Si tratta di persone, come abbiamo visto nella nostra prima ricerca, che utilizzano i computer e le tecnologie digitali come strumenti di lavoro per tutto, o quasi tutto, il loro tempo lavorativo. Persone che per più di 10 ore al giorno vivono quasi sempre in situazione di multitasking, con la necessita di prendere rapide decisioni e con gravi ripercussioni sulla concentrazione e sulla capacitò di scelta. Persone consapevoli dell’alterazione alla qualità della vita causato dall’uso continuativo e contemporaneo di tecnologie, ma ‘costrette’ dal lavoro svolto alla pressione telematica continua. Persone addirittura conscie che questo loro modo di vivere può creare un notevole stato di stress e anche discreti e gravi problemi fisici di diversa tipologia.

E a tutte queste persone, Ministro, cosa diciamo? Che sono drogati da lavoro? Che non riescono a staccarsi dai terminali per dipendenza? Che amano ricevere informazioni differenti da cinque canali completamente? Che non hanno diritto a uno specifico piano di azioni perché devono lavorare?