Valutazione Stress con il Job Content Questionnaire

Nell’attesa che la commissione porti lumi nelle metodologie di valutazione dello stress lavoro-correlato, dedico qualche minuto all’approfondimento dei questionari maggiormente utilizzati per la valutazione dello stress.

Fra le proprie pubblicazioni l’ISPEL ha questo interessante studio relativo alla valutazione dei fattori psicosociali con la versione italiana del job content questionnaire (JCQ) di R.A.Karasek. (a firma Baldasseroni A., Camerino D., Cenni P., Cesana G.C., Fattorini E., Ferrario M.,  Mariani M., Tartaglia R.).

Interessanti le conclusioni, in particolare il capitolo 4 – Prospettive di ricerca sullo stress – dove viene evidenziata la presenza di tutte le cause scatenanti il tecnostress all’interno delle imprese moderne e l’assenza di modelli teorici di riferimento e di strumenti validi per la valutazione del carico di lavoro e dello “stress” in ogni situazione lavorativa.

Riporto testualmente, ed evidenzio:

“Ad ogni fase storica di evoluzione delle organizzazioni  si è accompagnato l’uso di nuove macchine e/o tecnologie e ogni volta queste hanno comportato processi di adattamento dell’uomo (organizzazione scientifica del lavoro, meccanizzazione, automazione, informatizzazione ecc.). A tali processi la psicopatologia del lavoro ha attribuito un’ importanza connessa al “potenziale minaccia” che tali nuove tecnologie avevano nei confronti dell’identità sociale, del ruolo e della “soggettività” dei lavoratori.

I nuovi modelli integrati del lavoro umano e in particolare dell’organizzazione del lavoro sempre più improntata sulla ricerca della qualità, hanno prodotto profonde modificazioni nelle attività lavorative. Più generale e dal punto di vista della fisiologia del lavoro si sta passando progressivamente nel tempo da attività a carattere prevalentemente motorio ad attività a carattere prevalentemente cognitivo.

Per questo motivo l’interesse delle “discipline del lavoro” si sta focalizzando progressivamente sulle caratteristiche umane (percettive, cognitive, relazionali) implicate dall’introduzione di sistemi flessibili automatizzati e autocontrollati.

In questo contesto possiamo ipotizzare che la differenziazione del carico di lavoro conseguente all’introduzione delle nuove tecnologie, possa contemporaneamente provocare una maggior soddisfazione lavorativa come risultato di una risposta creativa che genera un maggior livello di controllo tra la persona e la realtà lavorativa, ma anche una sindrome da deprivazione o monotonia industriale dovuta all’automatizzazione di comportamenti di routine come conseguenza di risposte solite a richieste solite.

Gli studi psicologici sul carico di lavoro si sono concentrati essenzialmente sulla performance, cioè sulla prestazione che l’individuo può fornire in base alle sue capacità e al contesto lavorativo. E’ chiaro che un carico di lavoro “eccessivo“, ma anche una sottostimolazione possono rappresentare un fattore di rischio e quindi essere causa di situazioni stressanti per il lavoratore.

Gli studi effettuati nell’ambito della medicina del lavoro hanno invece riguardato la condizione di stress in quanto effetto e risultato: si sono concentrati quindi sulla fase conseguente la performance, intendendola come valutabile nei termini di patologia nel caso di un carico di lavoro discrepante con le capacità del soggetto.

Appare quindi, in questo contesto, di fondamentale importanza avere dei modelli teorici di riferimento e degli strumenti validi per la valutazione del carico di lavoro e dello “stress” in ogni situazione lavorativa.”

Potete leggere l’articolo per intero a questo indirizzo.