Doomscrolling: quando il feed rovina la giornata lavorativa

A chi non è mai capitato di scrollare incessantemente la bacheca di un social network? Appena svegli, sull’autobus, prima di andare a dormire, sul lavoro…è un comportamento a cui ormai siamo talmente abituati, da non darci più particolare importanza.

Non tutti però passano le ore a scorrere principalmente notizie tristi, post preoccupanti o commenti negativi sui social. Questo comportamento viene detto  “doomscrolling”, termine che nasce dalla fusione di due parole inglesi:

  • “doom”, che significa “rovina”, “sventura” o “condanna” (spesso usata per indicare qualcosa di negativo o catastrofico),
  • “scrolling”, che indica l’azione di scorrere contenuti su uno schermo, come quando si fa swipe verso l’alto sui social o nei siti di notizie.

Quindi, doomscrolling si può tradurre in modo descrittivo come “scorrere compulsivamente contenuti negativi”.

Il termine è nato durante la pandemia di COVID-19, quando molte persone passavano ore a leggere notizie negative online, senza riuscire a smettere, e sta diventando sempre più comune, soprattutto tra i lavoratori della Generazione Z.

Uno studio recente (“Detached effects of doom scrolling on Generation Z employee performance in the Indian information technology sector”, 2024) condotto nel settore IT indiano ha analizzato proprio questo fenomeno e i suoi effetti sulle prestazioni lavorative. 

I risultati? Preoccupanti. Il doomscrolling non solo peggiora l’umore, ma riduce anche l’efficienza, la creatività e la capacità di pianificare e portare a termine i compiti. In altre parole: chi scrolla troppo lavora peggio. Lo studio suggerisce che questo fenomeno agisce su tre livelli: crea una dipendenza dalle notizie negative, modifica l’umore e genera frustrazione e irrequietezza quando si è lontani dai social. Tutto ciò mina la concentrazione e la motivazione.

La Generazione Z, cresciuta tra social media e notizie online, è particolarmente esposta. Sempre connessi, spesso lontani da casa e immersi in uno stile di vita accelerato, molti giovani lavoratori usano i social come forma di evasione o gestione dello stress. Ma a lungo andare, questa “evasione” si trasforma in un ciclo tossico: più si leggono cattive notizie, più si resta incollati allo schermo, più aumentano ansia, stress e disconnessione dal lavoro.

Cosa si può fare? Gli esperti consigliano di promuovere un uso più consapevole dei dispositivi digitali, magari con pause programmate, pratiche di mindfulness o veri e propri “digital detox”, in modo tale da contrastare l’iper-connessione.

La Generazione Z è il futuro del lavoro: è fondamentale aiutarla a trovare un equilibrio sano tra informazione, tecnologia e benessere personale. Restare aggiornati è importante, ma non a scapito della performance e, soprattutto, della salute mentale.