L’uso delle tecnologie digitali è ormai parte integrante della nostra vita quotidiana, portando vantaggi evidenti in termini di accesso alle informazioni, comunicazione e molto altro. Tuttavia, la crescente digitalizzazione solleva anche nuove preoccupazioni riguardo agli effetti psicofisici dell’uso prolungato delle tecnologie. Un nuovo studio condotto dall’Istituto Promozione Lavoratori (IPL) approfondisce il tema del tecnostress, mettendo in luce un apparente paradosso: se da un lato la tecnologia migliora la qualità della vita, dall’altro può diventare una fonte significativa di stress.
Dall’indagine condotta dal Barometro IPL emerge che la maggior parte dei lavoratori intervistati (circa l’80%) utilizza tecnologie digitali per scopi personali, come svago o comunicazione, per una o due ore al giorno. L’uso quotidiano della tecnologia è presente anche nell’ambito lavorativo, sebbene in modo variegato: solo il 17% degli intervistati, infatti, non fa uso di dispositivi digitali sul lavoro, mentre il 30% utilizza tecnologie per una o due ore al giorno e un 15% segnala un impiego prolungato di 8 ore giornaliere, con evidenti implicazioni per la salute mentale e fisica.
Se da un lato le tecnologie migliorano la qualità della vita, il 13% degli intervistati afferma che l’uso di questi strumenti è una fonte di stress molto rilevante, mentre il 41% segnala uno stress abbastanza significativo. In totale, più della metà dei lavoratori riconosce un impatto negativo sul proprio benessere psicologico. Nonostante ciò, l’84% degli intervistati ritiene che le tecnologie abbiano migliorato e facilitato l’accesso ai servizi pubblici e privati.
Malgrado gli effetti positivi, “l’infodemia” — l’eccessiva quantità di informazioni disponibili online — si rivela una fonte di ansia per molti: stando all’indagine condotta, infatti, il 19% degli intervistati percepisce “molta o abbastanza ansia” a causa del flusso costante di informazioni, mentre il 32% segnala solo una leggera preoccupazione. Solo il 49% afferma di non avvertire alcun problema.
Il Barometro IPL evidenzia anche come l’uso prolungato delle tecnologie digitali possa influire sulle prestazioni lavorative: il 64% degli intervistati ritiene che le proprie performance siano peggiorate, mentre il 36% non nota alcun cambiamento. Riguardo alla salute, la maggioranza degli intervistati (82%) ritiene che l’uso continuo della tecnologia comporti danni variabili a seconda dell’intensità dell’uso, mentre solo il 18% ritiene che non ci siano danni alla salute legati alla digitalizzazione.
Andreas Dorigoni, presidente dell’IPL, mette in evidenza l’importanza di monitorare gli effetti della transizione digitale sulla salute dei lavoratori: “Anche se le tecnologie sono ben tollerate e si rivelano utili, non bisogna sottovalutare gli effetti del tecnostress. È essenziale prendere consapevolezza dei rischi associati a queste innovazioni e adottare strategie per proteggere il benessere lavorativo.”